10 dicembre 2020

I "nuovi" extracomunitari


Amo l’Inghilterra a distanza e con la Manica in mezzo. Amo gli inglesi e la loro strenua capacità di innovare se stessi rimanendo fortemente attaccati alla tradizione. Amo la loro civiltà, il pragmatismo, l’eleganza di molte cose davvero british, poi amo il loro cinema, i loro attori, e anche Sua Maestà la Regina. Mi piace che il loro Primo Ministro (ha frequentato Eton e Oxford per meriti) sia laureato in storia antica, ha scritto un libro su Roma e l’impero, conosce il latino (ha proposto di reintrodurlo nella scuola pubblica), il greco e anche un bel po’ di italiano; a confronto al nostro miglior politico è semplicemente un gigante.

Da ragazzo vedevo l’Inghilterra come la terra promessa della modernità, degli hippy, dei Beatles, del Punk, dei diritti civili, dei giovani, di Carnaby Street, dell’Isola di White. Vi andai la prima volta a 16 anni e scoprì che erano tendenzialmente più poveri di noi, nel senso che erano indietro su stili di vita, più sporchini, più sciatti, insomma tranne che per il loro progresso sociale erano … meno. Ma sempre grandi. Poi ho capito il motivo: in realtà la Gran Bretagna ha perso la seconda guerra mondiale, ovvero l’ha vinta cedendo moltissimo agli USA e dopo il ’60 non erano neanche più impero pur sentendosi imperiali. Eppure si sentivano, e si sentono, superiori, ma con eleganza ovvero senza la tracotanza negazionista dell’italianità residua dei francesi, senza la supremazia morale, etica e organizzativa ma silenziosa dei tedeschi; mi ricordo che mi chiedevano dell’Italia e poi li vedevo pensierosi come se si stessero domandando se anche noi avessimo il frigorifero in casa.

Oggi Londra è globale e con il mondo, l’Inghilterra e il Galles sono per Brexit a manetta, Irlanda e Scozia vedremo. Sono entrati nel mercato comune con molti mal di pancia (la Francia non ne voleva sapere della “perfida Albione” in UE), nel salotto europeo si sono sempre seduti sul bordo della sedia, pronti ad uscire per un “tea” ad ogni controversia, sono stati la “longa manus” degli USA che, attraverso loro, frenavano ogni progresso integrativo europeo, non sono entrati nell’Euro per perseguire (giustamente) la loro scommessa finanziaria indipendente visto che ormai avevano perso per decenni la loro capacità manifatturiera.

Oggi si dividono dal resto del nostro continente, le strade divergono nel momento peggiore per loro (per noi italiani è sempre il momento peggiore, sempre e per tutto), il virus ha fatto molti danni e l’economia soffrirà in generale della situazione tra uscita e virus, senza i paracaduti europei: ebbene sì, la UE (che soffre anch’essa) sta investendo cifre allucinanti per attutire gli effetti della pandemia e della crisi, UK non avrà questa possibilità ma ne sono fieri (sembra) e anche contenti. Boris Jhonson lancia un penultimatum ogni due giorni, come l’ultimo dei premier italiani, ma si è trovato di fronte Merkel, Von der Leyen, Lagarde e soprattutto Macron, praticamente un muro di cemento armato. Un muro fatto da previsioni di danni economici (immediati, per il futuro chissà, forse staranno meglio di noi) per gli inglesi e 36 per gli europei (però da dividere tra tutti i paesi). Finisce un equivoco durato quasi 50 anni.

Così ci lasceremo come due fidanzati obbligati ad amarsi a distanza, UK è e sarà sempre Europa ma diversa, in un mondo globalizzato stare da soli non è buono, e l’onda lunga del trumpismo sembra al tramonto. Ma sai com’è? M’hai voluto lasciare… va bene, stai a casa tua, forse proprio la distanza ci farà riflettere meglio, come nei rapporti in crisi. Poi in fondo gli inglesi sono quelli della famosa vignetta: “Ehi, hai visto? C’è tempesta nella Manica” “Si, il continente è isolato”.

 

Vogliamo “li sordi che ci cacciano in tasca dall’Europa, quelli che cce devono da”.

  Ho la spiacevole, ma netta, sensazione che il "glorioso popolo italico" non abbia contezza di cosa sia il  Piano Nazionale di Ri...