In
questi giorni abbiamo assistito e trepidato per gli Usa e il suo nuovo
“Comandante in Capo”, che poi in fondo è anche il “nostro”. Si, avete capito
benissimo, noi (italiani) siamo consapevolmente “sudditi” del polo geopolitico
Usa, e il resto della UE lo è altrettanto, con sfumature diverse.
Non
sono convinto che ci sarà un cambiamento molto marcato, nella sostanza, tra
Biden e Trump poiché la traiettoria degli USA è tracciata da tempo; non comanda
il Presidente ma un complesso circuito parlamentare e di lobbies in cui il
Presidente da indirizzo e mediazione ma attraverso compromessi infiniti.
Sono
convinto che chi domina l’Europa domina economicamente il mondo, e noi europei
siamo “solo” un’entità geografica che si è consorziata con intelligenza e
lungimiranza per aumentare (nelle intenzioni e anche nella sostanza) il nostro
benessere e il nostro progresso, finchè un muro ci divideva dai cattivi
(crollato nell’89). Poi tra slanci in avanti e forze centrifughe siamo qui a
guardarci e capire che dobbiamo fare.
“America
first” significa “UE second”, e da parte loro è ben comprensibile; Trump è
andato più in là, ha aiutato ogni movimento antieuropeo per indebolire ciò che
era già debole, con un unico obiettivo: la Germania e i suoi rapporti con la
Russia, unica vera paura americana; più la UE è divisa più è controllabile e
addomesticabile.
“L'unione è il principale attore
economico-commerciale mondiale. Il 15% delle merci esportate nel mondo sono europee;
la Cina rappresenta il 16%, gli Stati Uniti l'11%; se si parla di importazioni
gli Stati Uniti importano il 16% delle merci mondiali, l'unione europea il 14%,
la Cina il 13%.
In altre parole l'Unione europea e la
Cina vendono più di quanto comprano (segno di fondamentali economici
"sani", direbbe un economista). Le percentuali, qualora il Regno
Unito fosse rimasto nell'Unione europea sarebbero oggi del 18% per l'Unione
(quindi superiore alla Cina) per quanto riguarda le importazioni e del 18% per
le esportazioni: il Regno Unito infatti importa più di quanto esporti.
L'avanzo della bilancia commerciale
europea è quindi positivo per circa 200 miliardi di euro. I paesi europei che
esportano di più verso l'estero sono la Germania (il 30% della quota complessiva
europea), la Francia (12%), l'Italia (11%).
Sul piano commerciale quindi, l'unione
europea è sempre stata davanti, sin dalla fine degli anni '70, agli Stati
Uniti; il PIL (prodotto interno lordo), misura ottusa della produzione
economica ma in molti sensi rappresentativa, vede Unione europea e Stati Uniti
sostanzialmente appaiati, con un lieve margine di superiorità per gli Usa; se
non vi fosse stata la Brexit l'Unione europea avrebbe un PIL equivalente a
quello USA.
Indicatori economici aridi, si dirà;
certo, ma in qualche modo rappresentativi di una realtà che "guida"
la capacità delle economie sviluppate di relazionarsi con il resto del mondo.
Ovviamente l'unione europea è superiore
agli Stati Uniti per numero di abitanti: circa 150 milioni in più; ma questo
non è certo un record. Dove invece di europei sono superiori agli Stati Uniti
(e alla Cina, potenza ormai affermata sulla scena economica internazionale) è
nel campo della qualità della vita. Il che non vuol dire solo fiorellini,
boschi e riviere o cucina: vuol dire anche qualità del servizio pubblico
sanitario (pubblico significa sia universale sia a basso costo), tutela dei
diritti, servizi sociali, previdenza e tutto ciò che con una parola abusata si
chiama Welfare.” (Aut. Piero Graglia)
Ma l’Europa è un’espressone geografica, la UE non è una nazione, non lo è oggi e non lo sarà ancora per molti anni, decenni; è una geniale aggregazione di nazioni reali e indipendenti che si sono date delle regole comuni per il commercio, libera circolazione, ecc.. e una parte della finanza ma in cui prevalgono, e prevarranno, le politiche e gli interessi nazionali. Per fare un esempio, gli Stati Uniti sono un insieme di 52 palline di acciaio che girano su se stesse a diverse velocità ma stanno tutte ben attaccate alle altre (ben calamitate da forza centripeta), la UE è composta da 27 palline di acciaio che girano su se stesse a diverse velocità ma, se pur calamitate, subiscono forze centrifughe, cozzano spesso tra loro o si allontanano a turno e ritornano con le altre pronte a ripartire (tranne la pallina GB che se n’è andata)
Marco Cestelli