19 gennaio 2021

Vogliamo “li sordi che ci cacciano in tasca dall’Europa, quelli che cce devono da”.

 

Ho la spiacevole, ma netta, sensazione che il "glorioso popolo italico" non abbia contezza di cosa sia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il Next Generation EU, insomma “li sordi che ci cacciano in tasca dall’Europa, quelli che cce devono da”.
1. La UE ha deciso (Macron e Merkel) che bisogna dare fondi e investimenti per resistere alla pandemia e per ripartire in economia (Ripresa e Resilienza)
2. Il paese messo peggio di tutti è l’Italia (chissà perché), per cui “al paese più bello de mondo” destinano più fondi di qualsiasi altro. Quanto? Per la Cassa Integrazione 20 mld (a debito controllato), per la Sanità 36 mld (a debito controllato e senza condizionalità) con il MES, 127 mld (a debito lungo e controllato) e 80 mld a fondo perduto (agratisse) co Next Generation EU. Inoltre la BCE ci compra il debito pubblico in continua crescita per tenere bassi gli interessi (spread).
3. Conte torna da Bruxelles contando vittoria per i soldi che ci darà la UE (ha ricevuto un applauso in Parlamento), in realtà ci stanno pagando per rimanere in Europa e continuare a contribuire alla catena economica tedesca. La Germania, per capirsi, sborsa di tasca propria un centinaio di miliardi scarsi ma sicuramente dei tedeschi.
4. PERO’ CI METTONO DELLE CONDIZIONI, dovete fare un piano di investimenti e non di spese, in modo che possiate creare ricchezza e lavoro in futuro (prossimo) modernizzando il paese. Dovete fare dei passi verso un futuro migliore su questi temi:
Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Agricoltura Sostenibile ed Economia Circolare; Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile; Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; Tutela del territorio e della risorsa idrica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0; Intermodalità e logistica integrata; Istruzione e ricerca (Potenziamento delle competenze e diritto allo studio, Dalla ricerca all’impresa); Inclusione e coesione (Politiche per il lavoro, soprattutto giovani e donne, Infrastrutture sociali, Famiglie, Comunità e Terzo Settore, Interventi speciali di coesione territoriale, ovvero il SUD); Salute (Assistenza di prossimità e telemedicina, Innovazione dell’assistenza sanitaria). Il tutto condito da urgenti riforme profonde come giustizia e pubblica amministrazione, altrimenti non riuscirete ad essere normali come noi e non riuscirete a spendere per gli investimenti. Vi diamo tutti questi soldi a patto che facciate un piano serio e circostanziato, con obiettivi chiari risultati controllabili a consuntivo. Insomma noi paghiamo e voi dovete diventare normali.
5. Dopo mesi di attesa il governo Conte 2 partorisce un piano molto lacunoso in cui enuncia i carichi economici dei provvedimenti, Renzi protesta (ma non doveva farlo l’opposizione?) e il piano migliora, diventa più dettagliato, rimodula i carichi economici ma non ancora in modo sufficiente. Conte va in aula per ritrovare una maggioranza ma del grande problema del Next Generation EU nessuno se ne occupa (a parte Italia Viva e + Europa, ma non doveva dirlo l’opposizone?). Sembra che sia un fastidio prendere quel denaro a cui non vogliono pensare, sembra che non si rendano conto (come gli elettori) di quello che significa.
6. Cosa dicono i tedeschi di tutto ciò? “
L'Italia sta comprando consensi e voti con i soldi europei. Ecco il secco giudizio sul PNRR da parte della più autorevole testata tedesca, la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), che riflette per altro con toni assai meno decisi quella che è l'opinione pubblica tedesca. Per sostenere il Recovery Fun come ancora lo chiamiamo qui, la Germania dovrà farsi carico di parte del debito comune europeo per una cifra che rappresenta l'8% del Pil nazionale. In cambio riceverà anche lei risorse per circa un decimo però della cifra che dovrà sborsare. “Purtroppo”, si nota, “questo Governo, oltre alla gestione di crisi intorno alla pandemia del Coronavirus, non ha prodotto niente che punta verso il futuro”. Giudizio netto anche sul premier: “Conte voleva distribuire i soldi di Bruxelles secondo criteri politici e clientelari. Ma così, l’Italia mancherebbe l’obiettivo del Fondo Recovery, che dovrebbe spingere verso riforme e crescita addizionale. Ma i politici italiani guardano già verso i prossimi appuntamenti elettorali, probabilmente 2022, al limite nel 2023. Per questi, tanti vorrebbero comprare voti con soldi europei.”
Come funziona il
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Prima stesura del piano: più donne che partecipano al mondo del lavoro, X miliardi. (Così non funziona). Seconda stesura: più donne nel mondo del lavoro attraverso la riqualificazione e l’estensione qualitativa e quantitativa dei servizi e degli asili nido, X miliardi. (Così ancora non funziona). Ipotesi operativa: più donne nel mondo del lavoro aumentando gli asili di XYZ unità di bambini, XYZ miliardi, risultato atteso Q% di donne al lavoro nel tempo T1, T2, T3. Questo funziona e può essere finanziato.
“Quando chiedi prestiti o addirittura finanziamenti perduti ad altri non puoi alzare le spalle e sbuffare, ma devi sentire e rispettare le richieste dell'erogatore. Piller ha un esempio virtuoso che per noi è ancora più umiliante: “Guardate la Grecia. Il suo piano l'ha presentato il 15 novembre. Non utilizzano i prestiti per la spesa pubblica. Prendono a prestito 12 miliardi per darli tutti alle imprese per i loro investimenti, a patto che se ne facciano dare la metà (altri 12 miliardi) da banche finanziatrici che quindi sono chiamate a valutare la qualità di quei programmi. Così si usa il Recovery Fund come leva finanziaria e non si aumenta di troppo il debito. La Grecia poi usa i grants, i fondi perduti con un piano molto serio. Vogliono introdurre energia pulita anche sulle isole, ma prima le collegano con la rete nazionale attraverso infrastrutture sottomarine. In quel modo isole meno turistiche produrranno energia che verrà distribuita a quelle più turistiche senza dovere ovunque una centrale. Ecco, questo è un piano serio. Certo la differenza è che in Grecia c'è un primo ministro con un PHD di Harvard, che può tenere testa a professori di economia e capisce quello che viene scritto nei piani. Come capo consigliere economico si è affiancato un premio Nobel. Un po' diverso dall'Italia, dove si piazzano lì gli amici di Pomigliano d'Arco di Luigi Di Maio per dare loro un posto. Risultato: la Grecia sta recuperando, l'Italia no”.

Marco Cestelli

10 dicembre 2020

I "nuovi" extracomunitari


Amo l’Inghilterra a distanza e con la Manica in mezzo. Amo gli inglesi e la loro strenua capacità di innovare se stessi rimanendo fortemente attaccati alla tradizione. Amo la loro civiltà, il pragmatismo, l’eleganza di molte cose davvero british, poi amo il loro cinema, i loro attori, e anche Sua Maestà la Regina. Mi piace che il loro Primo Ministro (ha frequentato Eton e Oxford per meriti) sia laureato in storia antica, ha scritto un libro su Roma e l’impero, conosce il latino (ha proposto di reintrodurlo nella scuola pubblica), il greco e anche un bel po’ di italiano; a confronto al nostro miglior politico è semplicemente un gigante.

Da ragazzo vedevo l’Inghilterra come la terra promessa della modernità, degli hippy, dei Beatles, del Punk, dei diritti civili, dei giovani, di Carnaby Street, dell’Isola di White. Vi andai la prima volta a 16 anni e scoprì che erano tendenzialmente più poveri di noi, nel senso che erano indietro su stili di vita, più sporchini, più sciatti, insomma tranne che per il loro progresso sociale erano … meno. Ma sempre grandi. Poi ho capito il motivo: in realtà la Gran Bretagna ha perso la seconda guerra mondiale, ovvero l’ha vinta cedendo moltissimo agli USA e dopo il ’60 non erano neanche più impero pur sentendosi imperiali. Eppure si sentivano, e si sentono, superiori, ma con eleganza ovvero senza la tracotanza negazionista dell’italianità residua dei francesi, senza la supremazia morale, etica e organizzativa ma silenziosa dei tedeschi; mi ricordo che mi chiedevano dell’Italia e poi li vedevo pensierosi come se si stessero domandando se anche noi avessimo il frigorifero in casa.

Oggi Londra è globale e con il mondo, l’Inghilterra e il Galles sono per Brexit a manetta, Irlanda e Scozia vedremo. Sono entrati nel mercato comune con molti mal di pancia (la Francia non ne voleva sapere della “perfida Albione” in UE), nel salotto europeo si sono sempre seduti sul bordo della sedia, pronti ad uscire per un “tea” ad ogni controversia, sono stati la “longa manus” degli USA che, attraverso loro, frenavano ogni progresso integrativo europeo, non sono entrati nell’Euro per perseguire (giustamente) la loro scommessa finanziaria indipendente visto che ormai avevano perso per decenni la loro capacità manifatturiera.

Oggi si dividono dal resto del nostro continente, le strade divergono nel momento peggiore per loro (per noi italiani è sempre il momento peggiore, sempre e per tutto), il virus ha fatto molti danni e l’economia soffrirà in generale della situazione tra uscita e virus, senza i paracaduti europei: ebbene sì, la UE (che soffre anch’essa) sta investendo cifre allucinanti per attutire gli effetti della pandemia e della crisi, UK non avrà questa possibilità ma ne sono fieri (sembra) e anche contenti. Boris Jhonson lancia un penultimatum ogni due giorni, come l’ultimo dei premier italiani, ma si è trovato di fronte Merkel, Von der Leyen, Lagarde e soprattutto Macron, praticamente un muro di cemento armato. Un muro fatto da previsioni di danni economici (immediati, per il futuro chissà, forse staranno meglio di noi) per gli inglesi e 36 per gli europei (però da dividere tra tutti i paesi). Finisce un equivoco durato quasi 50 anni.

Così ci lasceremo come due fidanzati obbligati ad amarsi a distanza, UK è e sarà sempre Europa ma diversa, in un mondo globalizzato stare da soli non è buono, e l’onda lunga del trumpismo sembra al tramonto. Ma sai com’è? M’hai voluto lasciare… va bene, stai a casa tua, forse proprio la distanza ci farà riflettere meglio, come nei rapporti in crisi. Poi in fondo gli inglesi sono quelli della famosa vignetta: “Ehi, hai visto? C’è tempesta nella Manica” “Si, il continente è isolato”.

 

08 novembre 2020

USA sono uno stato, UE è un consorzio


 

In questi giorni abbiamo assistito e trepidato per gli Usa e il suo nuovo “Comandante in Capo”, che poi in fondo è anche il “nostro”. Si, avete capito benissimo, noi (italiani) siamo consapevolmente “sudditi” del polo geopolitico Usa, e il resto della UE lo è altrettanto, con sfumature diverse.

Non sono convinto che ci sarà un cambiamento molto marcato, nella sostanza, tra Biden e Trump poiché la traiettoria degli USA è tracciata da tempo; non comanda il Presidente ma un complesso circuito parlamentare e di lobbies in cui il Presidente da indirizzo e mediazione ma attraverso compromessi infiniti.

Sono convinto che chi domina l’Europa domina economicamente il mondo, e noi europei siamo “solo” un’entità geografica che si è consorziata con intelligenza e lungimiranza per aumentare (nelle intenzioni e anche nella sostanza) il nostro benessere e il nostro progresso, finchè un muro ci divideva dai cattivi (crollato nell’89). Poi tra slanci in avanti e forze centrifughe siamo qui a guardarci e capire che dobbiamo fare.

“America first” significa “UE second”, e da parte loro è ben comprensibile; Trump è andato più in là, ha aiutato ogni movimento antieuropeo per indebolire ciò che era già debole, con un unico obiettivo: la Germania e i suoi rapporti con la Russia, unica vera paura americana; più la UE è divisa più è controllabile e addomesticabile.

“L'unione è il principale attore economico-commerciale mondiale. Il 15% delle merci esportate nel mondo sono europee; la Cina rappresenta il 16%, gli Stati Uniti l'11%; se si parla di importazioni gli Stati Uniti importano il 16% delle merci mondiali, l'unione europea il 14%, la Cina il 13%.

In altre parole l'Unione europea e la Cina vendono più di quanto comprano (segno di fondamentali economici "sani", direbbe un economista). Le percentuali, qualora il Regno Unito fosse rimasto nell'Unione europea sarebbero oggi del 18% per l'Unione (quindi superiore alla Cina) per quanto riguarda le importazioni e del 18% per le esportazioni: il Regno Unito infatti importa più di quanto esporti.

L'avanzo della bilancia commerciale europea è quindi positivo per circa 200 miliardi di euro. I paesi europei che esportano di più verso l'estero sono la Germania (il 30% della quota complessiva europea), la Francia (12%), l'Italia (11%).

Sul piano commerciale quindi, l'unione europea è sempre stata davanti, sin dalla fine degli anni '70, agli Stati Uniti; il PIL (prodotto interno lordo), misura ottusa della produzione economica ma in molti sensi rappresentativa, vede Unione europea e Stati Uniti sostanzialmente appaiati, con un lieve margine di superiorità per gli Usa; se non vi fosse stata la Brexit l'Unione europea avrebbe un PIL equivalente a quello USA.

Indicatori economici aridi, si dirà; certo, ma in qualche modo rappresentativi di una realtà che "guida" la capacità delle economie sviluppate di relazionarsi con il resto del mondo.

Ovviamente l'unione europea è superiore agli Stati Uniti per numero di abitanti: circa 150 milioni in più; ma questo non è certo un record. Dove invece di europei sono superiori agli Stati Uniti (e alla Cina, potenza ormai affermata sulla scena economica internazionale) è nel campo della qualità della vita. Il che non vuol dire solo fiorellini, boschi e riviere o cucina: vuol dire anche qualità del servizio pubblico sanitario (pubblico significa sia universale sia a basso costo), tutela dei diritti, servizi sociali, previdenza e tutto ciò che con una parola abusata si chiama Welfare.” (Aut. Piero Graglia)

Ma l’Europa è un’espressone geografica, la UE non è una nazione, non lo è oggi e non lo sarà ancora per molti anni, decenni; è una geniale aggregazione di nazioni reali e indipendenti che si sono date delle regole comuni per il commercio, libera circolazione, ecc..  e una parte della finanza ma in cui prevalgono, e prevarranno, le politiche e gli interessi nazionali. Per fare un esempio, gli Stati Uniti sono un insieme di 52 palline di acciaio che girano su se stesse a diverse velocità ma stanno tutte ben attaccate alle altre (ben calamitate da forza centripeta), la UE è composta da 27 palline di acciaio che girano su se stesse a diverse velocità ma, se pur calamitate, subiscono forze centrifughe, cozzano spesso tra loro o si allontanano a turno e ritornano con le altre pronte a ripartire (tranne la pallina GB che se n’è andata) 

Marco Cestelli

02 novembre 2020

Make Occident great again!


Un po’ di anni fa ho passato una settimana a San Francisco, questa è la mia esperienza diretta degli USA. Non mi è piaciuta per niente, non ho colto il fascino dell’America, l’ho trovata bruttina e piena di contraddizioni; le strade piene di barboni, di colore o ispanici, realmente grassi e brutti; poche cose davvero interessanti, belle, eppure l’ho girata un po’ tutta. Poche persone attraenti, tanto meno le donne eppure la California non era la patria di Baywatch? Allora ho fatto cose viste nei film: una lungo caffè in libreria, fast food, ho giocato a scacchi nel parco a 1$ a vittoria, megastore Nike, birra Budweiser in un locale (pessima), cena di beneficienza in un hotel, ho incontrato il sindaco nero, ho visto l’arrivo di 11 volanti di polizia in un negozio con morto e un arrestato (entrambi neri, come da copione). Domenica mattina andai anche a sentire una messa evangelica, quelle col predicatore e la gente che cantava e ballava e diceva “amen”, “si, proprio così”, “Alleluya” ad ogni affermazione del pulpito.

Film e serie tv Made in USA ne ho viste a centinaia (forse più) come tutti ed ho capito che non fanno vedere quasi mai l’America per quello che è: nello schermo i grassi praticamente non ci sono, oppure sono eccezioni, oppure sono neri, oppure sono personaggi negativi. Però amano davvero la loro patria e la bandiera “stars and stripes”. E ho capito che, fuori dalle telecamere, gli americani sono spessissimo di una ignoranza insospettata e insospettabile. Accettano cose che per noi sono incomprensibili, armi ovunque, scuole costosissime che troppo spesso emarginano le persone, la sanità gelosamente privatistica (in genere), milioni di carcerati, suprematisti, razzisti, antirazzisti, comunità etniche e culturali, lobby (lecitissime) e gruppi di potere, diversità geografiche ed etniche da far impallidire il nostro nord/sud.

Ora eleggono il Presidente, e lo eleggono anche per noi, piaccia o non piaccia è così. Gli USA sono il nostro “padrone” e a noi piace molto questa cosa, non a parole ma nei fatti. Loro ci dicono, da 70 anni, “voi pensate all’economia, fate del vostro meglio, state bene e non rompete troppo le palle; al resto, alla geopolitica, pensiamo noi. E zitti (ma con gentilezza)”. Loro giudicano tutto e tutti perché controllano completamente i commerci mondiali marittimi (90% del totale), controllano tutti gli stretti geografici, le armi più avanzate, i sistemi finanziari, bancari, il petrolio (in buona misura), ci dicono chi è buono e chi cattivo (sanzioni), quali teatri diplomatici e bellici, controllano una buona fetta dell’ONU, della NATO; del WTO, ecc., e comprano tanto, tantissimo (una nazione che può produrre tutto in realtà compra fuori per avere pressioni su tutti i mercati). La Cina è l’eccezione a questo quadro, e infatti sono riottosi e nel loro mirino, ma davanti al mare cinese ci sono già due portaerei, non si sa mai.

Il Presidente USA è anche affare nostro, ci piaccia o meno: si sfidano un 74enne e un 78enne, non è una bella cosa di per se’. Trump mi sembra un Salvini che “ce l’ha fatta”, Biden un feticcio malmesso che sta in piedi col Gerovital (ma conta per tirare la volata alla sua Vice), gli Usa sceglieranno come credono ma a noi italiani/europei interessa che il prossimo presidente sia impegnato a “coprirci” sul versante economico e bellico, di geopolitica, che non si disimpegni e non ci costringa a prendere decisioni autonome, che rimanga ago della bilancia nelle dispute internazionali, che rimanga parte attiva in ogni settore affinchè si possa rimandare più a lungo possibile il verificarsi di nuovi scenari internazionali in cui l’occidente e ancora fragile e disunito. GOD SAVE AMERICA, però pensare che decidano quelli brutti armati e ignoranti … ah già, succede anche da noi.

Marco Cestelli

29 ottobre 2020

Che pena essere "civili"


 Un paese europeo difende la propria laicità e la libertà di stampa.


Un giornale pubblica vignette di dubbio gusto, ma non sta a noi decidere cosa sia corretto o meno in un paese libero (altrimenti quanti cazzari dovremmo chiudere?).

Un professore di un liceo fa vedere delle vignette di tal giornale per far capire il concetto di libertà civile e di stampa in uno stato laico, senza offendere direttamente la religione islamica. Un musulmano si sente in dovere di condannare il gesto didattico e soprattutto il professore e trova bello e conforme alle sue inclinazioni il decapitarlo.

Un presidente turco in gravi difficoltà interne a causa di crisi monetaria ed economica cerca nemici esterni, semi varie guerricciole qua e la' tra Siria, Libia e si scontra con la Grecia per trivellare gas dal Mediterraneo. La Francia si schiera contro la Turchia per propri interessi (Libia) e per solidarietà (Grecia). Il turco presidente si scaglia contro la Francia per rivendicare l'entità musulmana contro quella laicità e libertà propria dell'ordinamento francese. la questione sarebbe di poco conto, le diplomazie sanno che è solo un "ballon d'essai".

Poi si infiamma tutto il mondo musulmano e calpesta le immagini di Macron e le bandiere francesi, si organizzano per studiare ritorsioni commerciali contro i libertari francesi che non tengono in adeguata considerazione le legittime sensibilità del mondo musulmano.

Il turco presidente ne inventa una meravigliosa: accusa l'Europa di trattare i musulmani come gli ebrei prima della seconda guerra mondiale, dimenticando forse quello che fecero i turchi agli armeni, presi ad esempio dal buon Adolf come riferimento per il suo sterminio preferito; ne morirono circa 1.5 milioni.

Macron difende la Francia, la francesità, la laicità e la libertà di stampa e di opinione. Poi a Nizza un musulmano si sente in dovere di uccidere 3 persone in una chiesa, un altro tenta di uccidere dei poliziotti al solito grido, guadagnandosi in un colpo solo l'ammirazione dei suoi correligionari e un posto nel verde paradiso con le 72 vergini (spero per lui che siano carine).

Mi dispiace ma io sto con la Francia, con la cultura occidentale; è l'ora di dire che in Europa i musulmani valgono come i cattolici e i protestanti, gli Hari Krishna, i terrapiattisti e i vegani. Massimo rispetto per loro come per gli altri e nulla più, se non lo comprendono, oltre a permanere nei loro luoghi di origine, potrebbero imparare cosa significa cultura occidentale, che non significa solo bikini e alcolici.

09 ottobre 2020

La Chiesa tra neopaganesimo e il supermercato etico


 

Mi lascia molto perplesso quello che leggo, da parte di molti, nei confronti di Papa Francesco. Da laico praticante (che pratica la laicità) mi interrogo spesso sul mio rapporto con il Divino e sul ruolo di Santa Romana Chiesa, che apprezzo per le sue coerenze e come depositario di una grossa parte della nostra cultura. Eppure vedo la nostra società che si comporta con la Chiesa in modo strano, per me incomprensibile, pretendendo di piegarla alle nostre inclinazioni e non alla Sua essenza. Vorremmo un supermercato etico; un luogo dove si va, idealmente, a cogliere solo le cose che ci piacciono: è contro la fame nel mondo? Mi piace, idealmente metto questo concetto sul carrello. Valori universali per aiutare i poveri e i derelitti? Mi piace, carrello. Come? Anche i neri che sbarcano? No, questo no, lascio stare. Papa Francesco è contro l’odio che viene coltivato dai social? Non l’ho capita, vabbè, passo oltre. La Chiesa difende l’amore e l’unità della famiglia e la gioia della generazione dei figli? E… fanno presto ‘sti preti a parlare di figli e famiglia, che cazzo ne sanno loro!? E i preti pedofili? La povertà poi … hai visto quanti soldi ha il Papa nel suo conto corrente? Rubano anche loro, nonostante il settimo comandamento.

Mi sembra che la nostra società voglia la Chiesa come il vecchio PCI, io non sono mai stato comunista ma a Milano andavo alla mega festa dell’Unità perché si mangiava molto bene e si spendeva poco. “State lì dove siete, tenete aperte le chiese, predicate quello che vi pare, impartite i sacramenti, santificate le feste e non rompete le palle”.

Ecco il problema: non sappiamo rinunciare ai riti e alle tradizioni ma non vogliamo confrontarci con esse, vorremmo che il Presepe fosse una rappresentazione di miniaturizzazione di una scena teatrale che premia i nostri ricordi e la nostra tradizione senza conoscere il testo e il significato, così Pasqua con le uova e i coniglietti di cioccolato. Molti hanno al collo crocifissi e madonne come amuleti contro il malocchio, magari pregano pure per la salute di un parente o per un esame scolastico, c’è anche chi va a Pompei per mettere un cero alla “madonna più famosa”, oppure è praticamente ateo ma crede in Padre Pio.

La Chiesa è un insieme di debolezze umane e riferimenti divini, in quasi 2000 anni di storia è stata di tutto e di più, ha maturato una dialettica mostruosa ed enciclopedica, eppure ha un solo riferimento “fisico” certo, la Parola di Dio, le Sacre Scritture. Non le legge nessuno, si citano frasi pronte all’uso come gli aforismi latini ma non si studiano, pretendendo poi di discettarne sopra. Ma sono proprio quelle Scritture che fanno dire al Papa quello che dice contro la ricchezza sterile, contro la caduta di valori, contro la fame e la povertà, per gli Ultimi di tutto il mondo, contro i nostri piccoli o grandi egoismi, promuovendo un dialogo con religioni e sentimenti, usi e costumi diversi, e molto altro ancora. Si può dissentire tranquillamente, si può ignorare senza problema, si può anche irridere se vi piace, ma non si può piegare ai nostri desideri perché diventa culturalmente disonesto.

Invece ci piacerebbe che la Chiesa fosse il baluardo della nostra civiltà verso i musulmani che ci invadono, e vorremmo usarla come lo scudo “bianco” verso coloro che mettono in crisi il nostro “benessere” occidentale. Addirittura una parte politica, cospicua e in crescita, agita i crocifissi e i rosari per accreditarsi all'opinione pubblica come i paladini della buona tradizione e difensori del palinsesto di “buone pratiche cristiane” (ma laiche). Per me è culturalmente delinquenziale e fuorviante.

Che il neopaganesimo sia imperante è una probabilità, soprattutto dopo una recente ricerca telefonica, effettuata su un campione nazionale di cattolici praticanti, ha stabilito che al 70% dei contattati è capitato di invocare l'aiuto di un santo. Di questi, il 31% si è rivolto a Padre Pio, il 25% a Sant'Antonio, il 9% alla Madonna. Seguono col 7% San Francesco, col 4% Santa Rita e San Giuseppe, col 2% Gesù, con l'1% San Gennaro, San Rocco, Madre Teresa di Calcutta, Sant'Agata e San Gerardo. "Il fatto che la Madonna e Gesù sono pochissimo invocati  e che la preferenza va ai santi, che non si capisce che i piani sono diversi, è il segno che i nostri cristiani sono ignorantissimi, dopo anni di catechesi e di ora di religione".

Ecco, smettiamola di dire al Papa quello che deve o dovrebbe dire, la religione non risiede nel santino attaccato in auto o a quello che si tiene nel portafoglio. Si può essere laici o atei ma non mistificatori religiosi o culturali.

Marco Cestelli

28 settembre 2020

La Viola, il lupo, la capra e i cavoli: storia di ordinaria italianità


 

A Firenze si sta consumando un “dramma” economico, edilizio, urbanistico e, quindi, politico: la questione stadio. Non è un semplice problema locale o sportivo, è lo specchio del Paese e come tale meriterebbe l’attenzione dei media nazionali.

Gli attori della commedia: uno stadio di 90 anni, un “Presidente Zio d’America”, i tifosi, il sindaco, la giunta, la regione, il governo, la sovrintendenza, il calcio.

Trama: una squadra e una città veleggiano da anni a metà classifica, un po’ su tutto. Un po’ più su, un po’ più giù, vive di glorie passate, di miti incancellabili, di presente dignitoso e incerto ma senza sussulti importanti. Un bel giorno arriva il “Presidente Zio d’America”, rileva la squadra e i sogni dei tifosi; egli è ricco, molto ricco, ha passione (più per il calcio che per la Fiorentina) e tanta voglia di fare in un business e in un paese che non conosce molto bene ma, spera, “amor, labor (et pecunia) omnia vincit improbus”. Il “Presidente Zio d’America” investe, spende, pianifica, ha una visione del business precisa e moderna che regali risorse ad una squadra che, al netto delle variabili impazzite di una palla rotonda, dia alla medesima quelle risorse e quella rinnovata grandezza “to make purple great again”. Non ha bisogno di guadagnare per se stesso, è già ricco in America e per un business diverso, ma per la squadra e la città; insomma si vuol divertire a veder crescere una creatura fino a riportarla ai fasti “medicei”. Lo “Presidente Zio d’America” regalerà un centro sportivo meraviglioso e lo stesso vuol fare con lo stadio, con annessi e connessi commerciali, un grande business per tutti, municipalità compresa.

Ma il “Presidente Zio d’America” ha iniziato a parlare alla città con fiori e sorrisi, ora sta usando la falce fienaia, anzi il caterpillar, perché? Perché, come al solito, c’è un malcelata convinzione di fondo: la politica ha le sue esigenze, questa è Firenze mica NY, qui il business passa da visioni complesse e complessive, “si fa presto a dire ‘pago io’”, ecc.

Il “Presidente Zio d’America” propone due soluzioni, dopo aver scartato quella preferita dal Sindaco che nascondeva costi e tempi non preventivati e/o non graditi: o facciamo lo stadio nuovo dove già c’è, con annessi e connessi commerciali, oppure vado nella piana a comprare i terreni adatti e me lo faccio da solo. ‘Pago io’. Ma qualsiasi soluzione ha delle controindicazioni: lo stadio è (fu) architettonicamente all’avanguardia ed è sui libri in materia, quasi intoccabile; sta subendo l’onta degli anni (decenni) e quindi va comunque ben ristrutturato a carico della proprietà attuale (il Comune di Firenze); è inadatto alle esigenze moderne sia in materia economica che di godimento del bene; raggiungerlo e andarsene è un grosso problema e un grosso disagio per tutti, parcheggiare una scommessa; gli spazi sono quelli che sono, la zona stadio è incastonata nel quasi centro di Firenze… insomma un bel problema, ma davvero grande.

Se il “Presidente Zio d’America” facesse come in USA se ne andrebbe dal Franchi: terreni suoi, stadio e aree commerciali sue, parcheggi, ecc. ma poi a Firenze che succede? Semplice, lo stadio non avrà più la sua funzione primaria, il Comune dovrà spendere per metterlo a norma e mantenerlo, non riceverà l’affitto, mancheranno le tasse che possono scaturire dalle attività incrementali della “nuova” Fiorentina, diverrà una cattedrale nel deserto.

Allora, forse, tra il Sindaco e i parlamentari riusciranno ad ottenere che il Franchi sia smontato e dato al “Presidente Zio d’America” grazie ad una legge (praticamente fatta apposta per lui) e si toglieranno una piantagione di castagne dal fuoco. Firenze vuole i soldi del “Presidente Zio d’America” ma devono essere spesi come vogliono loro. D’altronde, ormai, le “regionali” le hanno scampate. Però già si intravedono all’orizzonte i problemi: l’altezza? C’è un limite preciso dettato dal Brunelleschi. Le strade e i parcheggi? La tramvia? Le aree commerciali? E il TAR? Già hanno minacciato battaglie legali in mille.

Allora, forse, il “Presidente Zio d’America” manderà tutti a quel paese e farà tutto sulla piana. Sicuri? Regione, Provincia, Comuni metropolitani, Autostrade, Aeroporto, permalosità degli ottimati fiorentini, ... La lista di coloro che possono mettere i bastoni tra le ruote è lunghissima, i tempi potrebbero allungarsi, i dispetti sono dietro ad ogni angolo, la burocrazia, in punta di diritto, troverà un festival di opportunità.

Allora, forse, il “Presidente Zio d’America” manderà tutti, ma proprio tutti, a quel paese e non farà nulla. Dunque si perderebbero 300 milioni di investimento, una squadra più forte e coperta finanziariamente, migliaia di posti di lavoro, un volano economico importante in tempi di vera crisi, opportunità di incassi pubblici tra tasse ed espansione economica, e tutto rimane come prima.

Fossi nel “Presidente Zio d’America” guarderei di sera il Cupolone e penserei che, se si fossero comportati così all’epoca, quell’opera miracolosa non ci sarebbe mai stata. Ma pensate la delusione di un uomo che arriva con un pacco di soldi “in bocca”, si figura di essere il salvatore della patria e invece trova problemi ad ogni passo: “si fa presto a dire ‘pago io’”

Il tutto ricorda l’enigma del lupo, della capra e dei cavoli da trasportare de là dall’Arno con la barca: o trovi la soluzione con inventiva ed intelligenza, oppure sarà un insuccesso. Povera Firenze, povera toscana, povera Fiorentina.

Marco Cestelli

Vogliamo “li sordi che ci cacciano in tasca dall’Europa, quelli che cce devono da”.

  Ho la spiacevole, ma netta, sensazione che il "glorioso popolo italico" non abbia contezza di cosa sia il  Piano Nazionale di Ri...