La pandemia ci sta regalando delle meravigliose sorprese, delle
novità eclatanti, mi spiace di non essere un sociologo o un antropologo perché vivrei
in una Disney-land permanente.
Si sta scavando un fossato profondo, in Italia, tra i garantiti e
i precari: da una parte i dipendenti statali e i pensionati (circa 20 milioni
di persone), dall’altra i dipendenti privati, professionisti e disoccupati
(circa 21 milioni di persone). Non è una gara paritetica perché i primi hanno
garanzie pregresse da “contratto”, ben sindacalizzati e con diritti acquisiti;
i secondi molto meno e anche per niente, anzi molti passeranno da stipendiati a
precari o disoccupati, altri se la caveranno egregiamente. Di sicuro i primi
dipendono dalla creazione della ricchezza dei secondi e questa diminuirà con
certezza nei prossimi mesi.
Eppure i “garantiti” stanno studiando di tutto per non esporsi al
virus mentre i secondi, a parte lo Smart working e le teleconferenze, farebbero
di tutto per esporsi al rischio (nei limiti). Un ristoratore o un negoziante
probabilmente indosserebbe una tuta tipo Chernobyl oppure lo scafandro dei
palombari pur di vedere il suo locale pieno come ai bei tempi, laverebbe mani e
piedi come il giovedì santo ai propri dipendenti per renderli immuni e pagarli
come prima.
I dipendenti della PA, escluso scuola e sanità, insomma quelli degli
uffici, rimarranno a lavorare da casa per il 50% fino a termine 2020, e spesso
senza rispondere al telefono al pubblico (diciamo che non è un’ipotesi molto
negativa). Molti docenti si stanno rifiutando di essere sottoposti al test sierologico
(davvero non so il motivo ma ci sarà) e si sentono trattati da “badanti d’Italia”,
esposti alle irruenze virali di milioni di studenti “sputacchianti” bacilli
recuperati in famiglia. Altresì ce ne sono molti (non so quanti perché le cifre
sembrano esagerate) sopra i 55 anni e con “fragilità immunologiche” che mandano
certificati. Mi immagino nel privato, nella fabbrichetta del sciur Brambilla,
se un dipendente si presentasse con certificazioni sulle proprie “deficienze
immunologiche” …
Tra i “garantiti” ci sono stati dei veri e propri dati in
controtendenza: “Quando – al colmo della paura
collettiva – si fece appello a medici ed infermieri volontari per andare nelle
trincee bergamasche, le adesioni spontanee furono oltre dieci volte superiori
alle richieste. Quella gente rischiava la vita: ed erano pubblici dipendenti,
con posto fisso, che potevano starsene tranquilli nella loro sede in regioni
meno problematiche. Eppure sono andati ed hanno fatto il loro dovere ed hanno
dato una mano ad uscire dall’emergenza.” “Quando, a marzo, alcuni
sindacati provarono a mobilitarli contro la didattica a distanza,
sostenendo che – non essendo prevista dal contratto – non potesse essere
chiesta, fu la base – molto prima del ministero – a sconfessarli. Il decreto
legge che dava legittimità alla Dad venne un mese dopo. Ma intanto le
scuole si erano spontaneamente riconvertite ed attrezzate: improvvisando,
sbagliando anche. Ma non si erano tirate indietro e non si erano fermate.”
Ma il problema rimane intatto, c’è un abisso sui
doveri e le garanzie tra “garantiti” e gli altri, peggioreranno da qui a breve;
finché va tutto bene in fondo si accetta un po’ tutto; quando le cose si
mettono male si allargano i fossati, si cerca il nemico e l’untore.
Non mi venite a dire che “che non si può generalizzare”, perché, se
si generalizzasse davvero, bisognerebbe valutare i risultati che, in genere,
non sono lusinghieri e per i quali bisognerebbe, ogni volta, trovare la colpa
nello Stato o nell'altrui.
Marco Cestelli
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